Brand Identity di Starbuck a Milano: lotta al caffè italiano?

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All’inizio di settembre Starbuck ha aperto a Milano le sue porte e subito i puristi del caffè hanno gridato allo scandalo: eppure la brand identity di Starbucks non punta a far riconoscere il marchio come il miglior caffè italiano.

Quello di Milano, a conferma del ruolo di Milano nel panorama mondiale del retail, lo store più grande d’Europa: uno spazio di 2.400 metri quadri dove i clienti possono fare un viaggio nel mondo del caffè.

Le polemiche (caffè Starbucks vs caffè italiano), come sempre, sono servite per alimentare la curiosità attorno all’apertura di questo primo negozio italiano. Sì primo: perché sono già previste delle altre aperture, anche se i prossimi non rientreranno nella catena Starbucks Reserve ma saranno negozi tradizionali.

Gli Starbucks Reserve al momento sono solo tre nel mondo: Seattle, Shangai e Milano.

Entrando sul loro sito si legge:

Milano ha regalato l’espresso al mondo; noi siamo solo i messaggeri. Aperta nel settembre 2018, la Starbucks Reserve Roastery celebra la passione, la scienza e l’arte del caffè

Howard Schultz, il fondatore di questo brand, non ha la pretesa di servire una bevanda top. Anche se c’è molta ricercatezza nelle miscele servite.
Lui vuole fornire una esperienza.
E ci è riuscito.

Non voglio fare una pubblicità al marchio.

Quello che voglio sottolineare è la brand identity e la idea di marketing. Starbucks non vuole posizionarsi come “il miglior caffè del mondo”.
La vision, il PERCHÈ aziendale, è ben diverso.

ISPIRARE E NUTRIRE LO SPIRITO, UNA PERSONA, UN CAFFE, UN QUARTIERE ALLA VOLTA.

Quindi dopo averne tanto sentito parlare, sono voluta andare personalmente da Starbucks a Milano e vivermi la mia esperienza diretta.

E nel video hai modo di entrare anche tu insieme a me (ndr Il video l’ho girato Live quindi ha qualche problema di connessione).

Se sei mai entrato in qualsiasi Starbucks nel mondo, non puoi non aver provato anche tu questa aria avvolgente di “nutrimento”. La brand identity è riconoscibilissima.

Non si va da Starbucks per un semplice caffè: si va per sedersi, per lavorare, per chiacchierare, per conoscere altre persone.
E mi è successo anche a Milano.
Ho fatto quattro chiacchiere con le persone che si sono sedute accanto a me. E già la condivisione di un tavolo non avviene di solito in una caffetteria italiana.

Ho chiesto a due giapponesi stranieri cosa stessero assaporando e non si sono stupiti della mia confidenza.
Il personale è stato formato attentamente, non è messo lì allo sbaraglio. È easy e amichevole: ti sorride e ti guarda negli occhi mentre ordini, ti serve l’ordinazione chiamandoti per nome (personalizzazione), ti aiuta a cercare un tavolino, ti racconta la storia del posto evidenziando l’italianetà e la cura dell’ambiente e sottolineando le ricercatezza delle diverse miscele di caffè.

C’è ricercatezza e cura in ogni dettaglio:

  • il pavimento in marmo alla palladiana posato a mano
  • le lanterne in vetro di Murano
  • il forno a legna di Princi
  • il bar con il piano riscaldato

ISPIRARE E NUTRIRE LO SPIRITO, UNA PERSONA, UN CAFFE, UN QUARTIERE ALLA VOLTA.
È scritto in grande sul muro principale

Sullo scontrino.

E in ogni dettaglio.

La coerenza comunicativa di questo brand è uno dei suoi punti forte.

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